I detenuti delle prigioni boliviane hanno temporaneamente sospeso le forme di protesta estrema degli ultimi 4 giorni, quando alcuni di loro si sono cuciti le labbra, si sono sepolti fino al collo o si sono fatti crocifiggere per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo politico sulle dure condizioni di vita nelle carceri. I carcerati mantengono però lo sciopero della fame, almeno fino a giovedí prossimo, quando nel Congresso boliviano inizierà il dibattito per una modifica del Codice di Procedura Penale, una delle loro richieste principali. I circa 7000 carcerati chiedono inoltre una maggiore velocità dei processi (dato che un 73% di loro non ha ancora ricevuto una condanna) e la revisione della legislazione antidroga (che riconosce pene massime di 25 anni). Le carceri boliviane sono sovraffollate, una maggioranza dei carcerati è in attesa di giudizio, con una forte distorsione verso i più poveri, incapaci di affrontare l’elevato costo delle cauzioni. I carcerati hanno un accesso limitato a programmi di riabilitazione, anche se è migliorata la possibilità di studiare o realizzare piccoli lavoretti artigianali, il cui ricavato permette di integrare la magra assegnazione giornaliera dello Stato (39 centesimi d’euro) per l’alimentazione dei detenuti.
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