L'America Latina non trova molto spazio sui media italiani. Questo blog cerca di colmare una piccola parte di questo vuoto, attraverso l'adattamento in italiano di notizie sulla politica e l'economia latinoamericane scovate su quotidiani stranieri. Naturalmente, non mancherò di citare e segnalare siti e articoli in lingua italiana, quando se ne presenterà l'occasione. Buona lettura!

sabato, gennaio 27, 2007


Mais, cibo o combustibile?

Il forte aumento nell’uso del mais per produrre etanolo negli USA sta scuotendo il mercato mondiale dei cereali. Il prezzo del mais è raddoppiato nel mercato di Chicago (dove si fissano i prezzi internazionali) negli ultimi dodici mesi ed è ai massimi degli ultimi 10 anni. Questo nonostante il raccolto del mais statunitense sia stato il terzo maggiore della storia. Gli Usa possono squilibrare il mercato mondiale alimentare già che la produzione americana rappresenta il 40% del raccolto mondiale di mais ed il 70% dell’esportazioni totali del prodotto. Appare evidentente come l’uso di una cuota maggiore di mais per la produzione di carburante possa provocare una crisi alimentare, senza dimenticare che il mais viene usato anche nell’allevamento intensivo di bovini, maialini e pollame. Gli Stati Uniti premono per i biocombustibili no solo perché inquinano meno ma soprattutto per ridurre la loro dipendenza dal Medio Oriente. In effetti molti esperti ambientalisti chiamano i biocombustibili i “diesel della deforestazione” perché se da un lato le emissioni prodotto sono meno, dall’altro l’elevata domanda di prodotti agricoli stimola l’ampliamento della superficie coltivabile, a spese delle aree forestali.

Dall’altra parte della frontiera, l’aumento del prezzo del mais sta creando una vera e propria crisi politica. Questo cereale costituisce l’elemento base della dieta dei messicani oltre che di buona parte degli altri latinoamericani. Le classi più povere sono le più colpite e le proteste popolari stanno crescendo nonostante i tentativi del presidente messicano Calderòn di controllare il problema. L’aumento del prezzo delle ‘tortillas’, prodotte dal mais e equivalente del nostro pane, è il principale tema dell’attualità politica messicana, al pari della lotta al narcotraffico. Bisogna ricordare tra l’altro che il 45% dei polli ed il 20% dei maiali si alimentano con il cereale. "Bisogna mettere a dieta polli, galline e porci perché non trangugino tutto il mais e ne lascino un po’ agli umani”, ha scritto un commentatore su un giornale messicano.

Il Messico produce 21,3 milioni di tonnellate di cereali l’anno, ma il suo consumo per alimentazione e allevamento è pari a 39 milioni di tonnellate. Il deficit di 17,7 milioni di tonnellate viene coperto dalle importazioni dagli USA. Un impatto sull’inflazione messicana sarà quindi inevitabile e colpirà le fasce per cui la spesa alimentare costituisce il capitolo più importante, i più poveri. In Messico si parla ormai di “etanoinflazione” dato che la fonte dell’aumento di prezzo deriva dall’aumento della domanda di etanolo. La trasformazione del mais in energia viene inoltre incentivata con forti sussidi ai produttori agricoli USA e alle raffinerie di etanolo. Quello che questa vicenda insegna è da un lato l’enorme dipendenza del Messico dal suo vicino del Nord, dall’altro gli effetti indesiderati che scelte di politica economica nei paesi sviluppati possono determinari nei paesi del Sud del mondo.

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