In questi giorni sono in Italia per le vacanze di Pasqua, per cui mi rimane poco tempo per scrivere. In ogni caso cercherò di non lasciarvi a bocca asciutta.
Qui di seguito riporto una notizia uscita sul La Stampa qualche giorno fa (su El Paìs era uscita la settimana scorsa), da parte dell'inviata del sito pacifista www.peacereporter.net
Il presidente vuole migliorare le condizioni delle favelas, a partire da quelle di Rio
STELLA SPINELLI INVIATA DI PEACEREPORTER
RIO DE JANEIRO
STELLA SPINELLI INVIATA DI PEACEREPORTER
RIO DE JANEIRO
La vita nelle favelas è sempre la stessa, ora come dieci anni fa. E' una vita dura di violenza, disoccupazione, disgregamento familiare, traffico di droga, prostituzione, analfabetismo. Cambiano i personaggi, ma la storia resta la stessa”. Nega Gizza è una cantante rap nata e cresciuta a Ciudad de Dios, la favela di Rio de Janeiro immortalata dalla pellicola di Fernando Meirelles e Katia Lundi. Grazie al suo amore per la musica, è riuscita a riscattarsi da un futuro segnato da una realtà di miseria e sopraffazione, e adesso può dedicarsi alle miserie di quei quartieri malfamati, cercando di dare un'opportunità anche ad altri. Assieme all'associazione Central Unica de Favelas organizza corsi di hip pop, graffiti, street ball per dare ai ragazzi un'alternativa alle armi e al narcotraffico. “Gli anni passano e tutto resta immutato – racconta – e questo avvolte mi fa perdere d'animo. Poi mi rimetto a lavorare, lotto e quando vedo anche il più piccolo dei cambiamenti riprendo vigore”. Niente è semplice. Il numero dei morti ammazzati per le strade senza asfalto delle favelas di Rio continua a lievitare: 519 dal primo febbraio, 141 solo negli ultimi dieci giorni, a cui si sommano 286 feriti. Una carneficina. Il problema è sempre lo stesso: orde di narcotrafficanti si scontrano con pattuglie di polizia a colpi di arma da fuoco. Veri e propri duelli fra le baracche coinvolgono indistintamente ogni abitante di questi quartieri dimenticati da dio. A farne le spese sono spesso i semplici passanti, estranei alle ragioni di quelle sparatorie. A complicare i duelli si insinuano, poi, i paramilitari, bande di vigilanti che tentano di strappare il controllo dei quartieri ai narcos a suon di pallottole. Una situazione che si ripete come un disco rotto e che non fa che confondere le idee ai brasiliani, i quali spesso confidano più nei paras o nei narcotrafficanti che nei poliziotti. “La mancanza di preparazione della polizia nel saper trattare con la gente, nel saper far bene il proprio lavoro, crea sfiducia – non smette di ripetere Gizza, la rapera più rispettata del paese – i poliziotti dovrebbero essere più preparati e integerrimi. Purtroppo la corruzione mina alla base tutta la società, a tutti i livelli".
Meglio tardi che mai.
Ad aver dichiarato guerra alla violenza carioca è stato il presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Dopo che alcuni autorevoli sondaggi hanno stabilito che i brasiliani vedono in questa escalation di morte il problema più grave del paese, tanto da minare la sua stessa credibilità , il presidente operaio ha deciso di reagire drasticamente: destinerà l'equivalente di 340 milioni di euro nella ristrutturazione delle oltre 600 favelas della capitale carioca, in quella che è stata definita una vera e propria rivoluzione. Si tratta di un ambizioso piano urbanistico che partirà da Rio per poi estendersi in molte altre zone del Brasile. Le casupole degli slums saranno pitturate, dotate di pannelli per l'energia solare e di piante che facciano ombra. Le strade, adesso sentieri impraticabili quando piove, saranno asfaltate e ogni quartiere sarà dotata di un commissariato di polizia, di un centro di primo soccorso e di un centro culturale. Ma per riuscirci, per far sì che questo mega-progetto non sia boicottato dalla corruzione che regna sovrana, il governo ha bisogno del supporto della gente che lavora in quelle favelas e che possano da dentro aiutare a far sì che questi cambiamenti siano ben recepiti e sostenuti dai cittadini, ormai disillusi delle tante, troppe promesse arrivate da Brasilia e mai mantenute. Almeno finora.
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