L'America Latina non trova molto spazio sui media italiani. Questo blog cerca di colmare una piccola parte di questo vuoto, attraverso l'adattamento in italiano di notizie sulla politica e l'economia latinoamericane scovate su quotidiani stranieri. Naturalmente, non mancherò di citare e segnalare siti e articoli in lingua italiana, quando se ne presenterà l'occasione. Buona lettura!

lunedì, aprile 16, 2007


Ultime news
Ecuador: il 78 vota 'si'' a referendum su riforma costituente

QUITO (Ecuador) - Il 78% degli elettori ecuadoregni avrebbe votato 'si'' al referendum per il progetto di riforma costituzionale voluto dal presidente socialista Rafael Correa nel referendum tenuto ieri nel paese andino. Lo annunciano i primi exit poll. Il progetto Correa prevede la creazione di un'assemblea costituente per mettere a punto una nuova carta costituzionale che dovrebbe rafforzare il controllo dello stato sull'economia e modificare gli assetti istituzionali e politici.(Agr)

domenica, aprile 15, 2007










Una notizia di qualche giorno fa, trovata sul sito:
http://www.comedonchisciotte.org/
Mi è sembrata molto interessante e la riporto.

TREMORI NEL FMI E NELLA BANCA MONDIALE


DI HEDELBERTO LOPEZ BLANCH
Rebelion

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale (BM) sono in agitazione perché in America Latina si sta formando un’entità finanziaria in grado di aumentare le problematiche di cui già soffrono queste due organizzazioni mondiali.

Alla fine di febbraio, durante una visita del presidente argentino Nestor Kirchner a Caracas, il suo omologo venezuelano, Hugo Chávez, ha annunciato che i due governi si sono dati un termine di 120 giorni per la costruzione del Banco del Sur (Banca del Sud).

Chávez ha spiegato che al termine di questo lasso di tempo dovrebbe essere già pronto un piano di azione “volto alla creazione di statuti, così come il piano di realizzazione per un quinquennio, il programma di acquisizione di risorse e la stima del capitale iniziale”.

Il governo venezuelano è pronto per mettere a disposizione almeno il 10% delle sue riserve a questo scopo e il suo Presidente ha esortato affinché altri paesi facciano lo stesso per creare una banca che inizierà modestamente, ma che in pochi anni, “non ci sarà bisogno del FMI o della BM, né di andare mendicando per il mondo”.

Durante la riunione Kirchner-Chávez, si è appreso che il documento base per la creazione della Banca del Sud possiede un fondamento dal punto di vista etico, economico, politico e sociale e che la sede principale sarà a Caracas e un’altra a Buenos Aires. L’ apparato direttivo del progetto offre facilitazioni affinché gli altri governi possano unirsi a questo impegno in ogni momento della sua fase, ciò che permetterà una maggiore integrazione latinoamericana. Il ministro ecuadoriano dell’Economia, Ricardo Patiño, ha assicurato che la Banca del Sud sarà una realtà in pochi mesi e il suo paese, come la Bolivia, aderirà a questo organismo che funzionerà con le risorse delle nazioni che ne faranno parte.

E’ innegabile che la Banca del Sud costituisce una prospettiva finanziaria regionale d’avanguardia, contrapposta alle attività del FMI e della BM.

È consuetudine che i governi ripongano i loro risparmi nelle banche del Nord, che pagano tassi di interesse tra l’1 o il 2%, per poi prestare questo stesso denaro con tassi di interesse tra il 6 e il 12%.

Attualmente esiste una congiuntura favorevole affinché i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) possano raggiungere una politica indipendente rispetto alle nazioni capitaliste più industrializzate perché negli ultimi anni i PVS hanno aumentato in modo considerevole le loro riserve internazionali. Si calcola che solo le riserve di Venezuela, Argentina e Brasile, in totale, raggiungano la somma di 100.000 milioni di dollari.

La decisione di fondare la Banca, come è logico, rappresenta già un motivo di preoccupazione per gli organismi finanziari internazionali e per i paesi industrializzati perché in pratica i più poveri e numerosi prestano denaro ai potenti.

La Banca Mondiale ha preso atto di questa realtà segnalando nei suoi rapporti annuali, e specificatamente in quelli del 2003, 2005, e 2006, chiamati Sviluppo Finanziario Globale, che i “paesi in via di sviluppo, presi insieme, sono creditori rispetto agli sviluppati” e che i primi “esportano capitali nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti”.

Eric Toussaint, presidente del Comitato per l’Abolizione del Debito del Terzo Mondo (CADTM), in un importante studio sull’argomento spiega che la maggior parte dei Paesi in Via di Sviluppo compra buoni del Tesoro statunitensi con la motivazione che questi hanno molta liquidità e si possono vendere facilmente. I Paesi in Via di Sviluppo contribuiscono così a sostenere la potenza dell’impero americano.

“I Paesi in Via di Sviluppo mettono nelle mani del padrone il bastone che egli impiega per picchiarli e depredarli, dal momento che gli Stati Uniti hanno un necessità vitale di finanziamenti dall’estero per coprire il loro enorme deficit e mantenere così il loro potere militare, commerciale e finanziario. Se si trovassero privati di una parte significativa di questi prestiti, il loro predominio verrebbe meno”, segnala Toussaint.

Bisogna far presente che le quotazioni del dollaro da alcuni anni sono in ribasso e i buoni sono remunerati con moneta svalutata e pertanto sarebbe più proficuo investirli nello sviluppo sociale di questi paesi.

Il FMI, in questo anno fiscale, sta affrontando difficoltà finanziarie a breve termine con un deficit di 105 milioni di dollari al di sopra del previsto, cosa che non succedeva dal 1985, quando si dichiarò una moratoria nel pagamento dei debiti da parte di alcuni paesi.

La ragione ora è molto diversa e si deve ai pagamenti anticipati che si sono realizzati da parte di alcuni paesi membri con l’obiettivo di ridurre i loro debiti e per i quali hanno utilizzato parte delle loro riserve internazionali.

Questa situazione non è nuova, ma è cominciata durante la crisi asiatica alla fine degli anni ’90, quando gli interessati decisero di far fronte con le loro obbligazioni creditizie in cambio di un controllo minore da parte del FMI.

Tanto il FMI, che la BM ed altre istituzioni finanziarie mondiali dominate dai Paesi in Via di Sviluppo, concedono prestiti alla condizione che si rispettino strettamente le raccomandazioni di natura economica suggerite da queste istituzioni, le quali vanno sempre a sfavore delle strategie sociali disposte per le popolazioni indebitate.

Brasile, Argentina, Uruguay hanno effettuato pagamenti anticipati per più di 25.000 milioni di dollari (per risparmiare sugli enormi interessi). Lo hanno anche fatto Serbia e Indonesia ed altri come Colombia, Cile, Messico, Perù, Venezuela hanno ottenuto aperture di credito ma non le hanno utilizzate. Dalla fondazione del FMI e della BM nel 1944 questi organismi sono stati strumenti di dominio delle nazioni potenti le quali hanno imposto, nelle regioni sfortunate, politiche neocoloniali, neoliberali e di libero commercio a sfavore delle grandi moltitudini.

Davanti a questa non obiettabile realtà sorge il progetto della creazione della Banca del Sud che, con una intenzione multilaterale, mira verso la necessaria integrazione latinoamericana.

Durante la sua visita a Caracas il presidente argentino Néstor Kirchner ha puntualizzato che questa istituzione dovrà essere un’entità finanziaria con caratteristiche e filosofie differenti da quelle delle sedi bancarie internazionali che pure sono nate con l’intento di promuovere investimenti e che con il trascorrere degli anni si sono trasformate “in una vera calamità per i popoli”.

La Banca del Sud, insieme all’Alternativa Bolivariana per le Americhe (ALBA), è un altro dei segnali di risveglio dell’emancipazione delle nazioni dell’America Latina.

Hedelberto Lopez Blanch
Fonte: http://www.rebelion.org
Link: http://www.rebelion.org/noticia.php?id=47681
06.03.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org di ANNALISA MELANDRI

venerdì, aprile 13, 2007


La Cina compra sempre più alimenti in Sudamerica

Durante più di 2000 anni i cinesi hanno trasformato la soia in tofu, l’elemento di base della loro cucina. Man mano che l’economia cinese cresce, anche l’appetito dei suoi abitanti per la carne di maiale, per i bovini e per il pollame aumenta, ma l’allevamento di questi animali richiede quantità crescenti di soia. Il problema è che la Cina soffre in molte zone di siccità, e per questo motivo il paese si sta rivolgendo sempre di più verso un socio commerciale a più di 24000 km di distanza, il Brasile. La lotta globale della Cina per ottenere le risorse naturali di cui ha bisogno sta trasformando il commercio di beni agricoli in tutto il mondo. La scarsità di terre coltivabili e l’approvigionamento d’acqua sempre più difficile ostacolano la capacità cinese di autoprodurre tutti gli alimenti di cui ha bisogno. Dall’altro lato, la destinazione di una quantità sempre maggiore di terra negli Stati Uniti alla produzione di biocombustibili sta spingendo la Cina a rivolgersi sempre di più verso il Sudamerica alla ricerca dei prodotti alimentari di base. Nella regione, infatti, le terre sono ancora abbondanti e a buon mercato. Se un tempo il commercio agricola più ricco si svolgeva tra Stati Uniti, il più grande esportatore di alimenti al mondo, e il Giappone, al giorno d’oggi è la Cina e i suoi 1300 milioni di abitanti che attirano gli sforzi di paesi, ricchi di terra, come il Brasile, o anche l’Argentina. Secondo alcuni esperti, il Brasile, che attualmente coltiva 70 milioni di ettari, potrebbe duplicare tale superficie e raggiungere la capacità degli USA. Non per nulla tre anni fa il Presidente cinese Hu Jintao visitò il Sudamerica e firmò un accordo strategico con il presidente brasiliano Lula, che prevedeva il raddoppio del commercio bilaterale fino a raggiungere i 20 milioni di dollari. L’anno scorso, il Brasile ha inviato circa 11 milioni di tonnellate di soia in Cina, con un aumento del 50% rispetto all’anno precedente e circa il doppio della quantità inviata nel 2004. Anche per l’Argentina la Cina rappresenta il principale partner nel commercio della soia, che per il paese rappresenta un affare da 9 miliardi di dollari annui. L’Argentina destina la metà della sua superficie coltivabile alla produzione di soia, e la cuasi totalità di questa viene esportata. Se la Cina compra il 20% della soia Argentina, questo paese rappresenta il 30% della soia acquistata dal paese asiatico.

www.clarin.com


La “presidenta” del Cile, Michelle Bachelet, riconosce i suoi errori.

La presidente cilena Michelle Bachelet ha assicurato di essere in grado di prendere le decisioni necessarie dopo aver riconosciuto i suoi errori e accettato le critiche in una fase in cui il malessere dei cittadini è molto forte a causa della riforma radicale del trasporto pubblico nella capitale cilena, Santiago. La premier in un intervista ha affermato di essersi presa cura dei problemi che sono sorti rispetto al nuovo sistema di trasporti Transantiago. “Questa presidente si piglia sulle spalle i problemi, li affronta e sa che un lider de farsi carico delle cose. Ció non vuol dire essere responsabile di tutto. Una presidente deve farlo e lo fa tranquillamente. E io so quello che devo fare”, ha puntualizzato. Dopo aver riconosciuto che le misure per risolvere la questione nella capitale implicheranno una riduzione delle risorse per le province, Bachelet ha affermato che il Cile è un paese solidale. “Cuando ci sono terremoti o emergenze in una regione tutti offrono il loro aiuto. Il problema è a Santiago ora. Di conseguenza dobbiamo essere solidali con Santiago in questo frangente” ha sottolineato. Qualque giorno prima la premier aveva annunciato un minirimpasto per cercare di risalire la china della sua popolarità, in discesa da molti mesi. Oltre alla sostituzione di quattro ministri (difesa, giustizia, trasporti e alla presidenza), il rimpasto è consistito nella costituzione di due nuovi ministeri, dell’ambiente e dell’energia.

www.elpais.com

mercoledì, aprile 04, 2007

Poche le notizie sul tour del Presidente del Consiglio Prodi in America Latina la scorsa settimana. Che poca attenzione verso un continente con cui abbiamo profondi legami.

La notizia della settimana l'accordo tra ENI e l'azienda petrolifera statale brasiliana Petrobras, in occasione della visita di Prodi in Brasile. Ecco il trafiletto sul sito del Corriere.


E il «cane a sei zampe» si allea con Petrobras

Firmato ieri l' accordo tra l' Eni e la brasiliana Petrobras. Un intesa «potenzialmente enorme» secondo il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e il presidente brasiliano Ignacio Lula. Per Prodi «si tratta di un accordo quadro» che può aprire a ulteriori sviluppi, mentre secondo Lula l' accordo «allarga il mercato del biocarburante per rispondere alla sfida del secolo», la riduzione dei gas serra. Primo obiettivo, ha spiegato l' amministratore delegato Eni, Paolo Scaroni, è mettere a frutto la leadership Petrobras nei biocarburanti e quella Eni nella tecnologia per il biodiesel. L' accordo si estende all' Africa, in particolare all' Angola. Il secondo pilastro è costituito dalla tecnologia Eni, «la migliore», ha aggiunto Scaroni, per la conversione di greggio pesante in prodotti leggeri come gasolio e benzina. Il terzo pilastro è la presenza Eni nell' upstream brasiliano: «Siamo già presenti, ma vogliamo crescere d' intesa con Petrobras in numerose aree esplorative».

In un paio di post precedenti abbiamo segnalato i rischi che possono derivare dai i biocombustibili quando provocano da un lato deforestazione (le piantagioni di soia in Brasile) o un aumento dei prezzi degli alimenti di base per le fasce più povere della popolazione (vedi il caso del Messico). Anche Fidel Castro è uscito dal silenzio di questi mesi per sposare la causa degli scettici o della cautela sui biocombustibili (dal corriere 29 marzo):

Primo articolo del Lider Maximo dopo 8 mesi di convalescenza
Castro ambientalista attacca Bush
Nel mirino la scelta di incentivare lo sviluppo di combustibili a base di cereali: «Condanna a morte per 3 miliardi e mezzo di persone»

L’AVANA - Fidel castro sembra riprendere forze e vis polemica. A otto mesi dall'operazione che l'ha costretto a uscire dalla scena politica, il leader cubano è tornato a scrivere e il suo «rientro» coincide con un durissimo attacco a Gerge Bush. In un editoriale pubblicato sul quotidiano del partito, Granma, il Lider Maximo accusa gli Stati Uniti di condannare a una morte prematura 3,5 miliardi di esseri umani con le sue raccomandazioni di usare combustibili derivati da cereali. «IL MASTER DI FIDEL» - Del recente interesse di Castro per le questioni ambientali aveva parlato a inizio febbraio il presidente venezuelano Hugo Chavez. «Sta facendo un master sul cambiamento climatico, e penso che ne sappia più di molti scienziati» aveva raccontato Chavez. Pochi mesi fa il Wwf ha dichiarato Cuba l'unico paese del mondo che combina un alto sviluppo umano (riconosciuto in relazioni annuali elaborate dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) e un'adeguata sostenibilità ambientale. L'isola della «revolucion» sarebbe dunque l'unico Paese del mondo ad aver realizzato uno sviluppo ecologicamente sostenibile.

Infine un commento di Sergio Romano sulla visita del premier italiano in Brasile:

La visita di Prodi nella terra di Lula
Le ambizioni del Brasile
di Sergio Romano
Durante il suo viaggio in Brasile il presidente del Consiglio renderà certamente omaggio nei suoi discorsi ai molti italo- brasiliani (almeno 18 milioni, secondo alcune stime) che hanno contribuito a creare questo straordinario Paese. Spero che non esageri e passi rapidamente a occuparsi di altre cose. Per la società che li ha accolti i nostri vecchi concittadini non sono italo-brasiliani. Sono brasiliani d'origine italiana e, soprattutto, la prova vivente, fra altre, che nelle città e nelle campagne del Brasile la parola crogiolo (il melting pot degli Stati Uniti) non è una espressione vuota. Non appena mette piede su questa terra il visitatore straniero è colpito dalla naturalezza con cui i brasiliani vivono nella loro pelle. A dispetto delle molte origini non hanno né rimpianti né nostalgie. Sono una nazione, sono fieri del loro Paese, sono convinti di avere di fronte a sé un grande futuro. Quanto più rapidamente il presidente del Consiglio chiuderà il capitolo retorico dell'emigrazione e affronterà problemi di comune interesse, tanto più gioverà ai rapporti italo-brasiliani e alla politica estera italiana.Romano Prodi scoprirà un Paese ambizioso. L'economia potrebbe andare meglio, ma il prodotto interno lordo ha pur sempre registrato negli ultimi anni, secondo stime recenti dell'Istat brasiliano, una crescita del 3%. Il debito pubblico si aggira intorno al 45%. L'avanzo primario è stato, sin dall'inizio della presidenza Lula, superiore al 4% e permette la progressiva riduzione del debito. Vi sono ombre e fattori di debolezza: l'economia sommersa (60% della forza lavoro secondo il Financial Times), l'insufficienza degli investimenti stranieri, il peso eccessivo della burocrazia, la mediocre politica dell'educazione, le 700 favelas che incombono sulla Città di Rio con la loro esplosiva miscela di povertà, disperazione e droga. Ma il presidente Lula ha annunciato un piano di lavori pubblici che dovrebbe attirare capitali stranieri e migliorare sensibilmente comunicazioni e trasporti.Prodi scoprirà altresì che il Brasile ha i sogni e le ambizioni di una grande potenza. Se posso azzardare un consiglio, non parli con i suoi ospiti di America Latina. Da quando il Messico e gran parte del Centro America sono entrati nell'orbita degli Stati Uniti, il campo da gioco del Brasile si chiama America del Sud. E' qui che il Paese intende imporsi come leader. Il problema maggiore, naturalmente, è rappresentato dal populismo di Hugo Chávez e dai successi che il paracadutista venezuelano ha raccolto in questi ultimi anni in Argentina, Bolivia, Ecuador, Perù, per non parlare del fraterno rapporto con Castro e dell'ossigeno con cui ha rimesso in piedi la traballante economia cubana. Mentre Lula riceveva Bush in Brasile e discuteva con lui una grande iniziativa comune per la produzione di etanolo su scala continentale, Chávez visitava Buenos Aires e lanciava rabbiose accuse contro la politica energetica brasiliana.Ma il Brasile non si scompone. Lula ha vecchi rapporti con Chávez, nati negli anni in cui il presidente brasiliano incarnava l'ala radicale del socialismo latino-americano e sembra convinto di potere controllare le intemperanze del suo vecchio amico. Ha invitato il Venezuela nel Mercosur (l'organizzazione costituita da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay sul modello adattato e diluito del Mercato comune) e vorrebbe allargarlo alla Bolivia.
Non approva il nuovo statalismo venezuelano e lo stile autoritario della politica di Chávez, ma sembra riconoscergli il merito di avere messo all'ordine del giorno le grandi piaghe sociali del continente e di avere tenuto la testa alta di fronte agli aspetti più tracotanti della politica degli Stati Uniti. Queste manifestazioni di simpatia per la sinistra del continente, d'altro canto, non sembrano pregiudicare i suoi rapporti con gli Stati Uniti. Dopo avere constatato che la metà meridionale del continente gli stava scappando di mano, Bush ha reso omaggio con un viaggio ufficiale alle dimensioni e al ruolo del Brasile nella regione. L'ambivalenza è una carta che la diplomazia brasiliana ha saputo giocare in questi mesi con particolare abilità.Questo non significa tuttavia che le ambizioni del Brasile siano limitate alla metà meridionale del continente americano. Il Paese ha rapporti sempre più importanti con la Cina e si presenta all'Africa come una nazione con sangue africano, un cugino che ha fatto carriera al di là dell'Atlantico. Se la conversazione cadrà sul problema del Consiglio di sicurezza, Prodi scoprirà che il Brasile chiede un seggio permanente come potenza mondiale, non regionale. E non speri che l'esistenza di una forte comunità di origine italiana induca Brasilia a tenere conto delle aspettative e dei progetti italiani per la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Quando il problema verrà in discussione il Brasile sarà nel campo della Germania, del Giappone e dell'India: i Paesi che non si accontenteranno, secondo la formula italiana, di essere soltanto semipermanenti.
26 marzo 2007
www.corriere.it


In questi giorni sono in Italia per le vacanze di Pasqua, per cui mi rimane poco tempo per scrivere. In ogni caso cercherò di non lasciarvi a bocca asciutta.

Qui di seguito riporto una notizia uscita sul La Stampa qualche giorno fa (su El Paìs era uscita la settimana scorsa), da parte dell'inviata del sito pacifista www.peacereporter.net


Il presidente vuole migliorare le condizioni delle favelas, a partire da quelle di Rio
STELLA SPINELLI INVIATA DI PEACEREPORTER
RIO DE JANEIRO

La vita nelle favelas è sempre la stessa, ora come dieci anni fa. E' una vita dura di violenza, disoccupazione, disgregamento familiare, traffico di droga, prostituzione, analfabetismo. Cambiano i personaggi, ma la storia resta la stessa”. Nega Gizza è una cantante rap nata e cresciuta a Ciudad de Dios, la favela di Rio de Janeiro immortalata dalla pellicola di Fernando Meirelles e Katia Lundi. Grazie al suo amore per la musica, è riuscita a riscattarsi da un futuro segnato da una realtà di miseria e sopraffazione, e adesso può dedicarsi alle miserie di quei quartieri malfamati, cercando di dare un'opportunità anche ad altri. Assieme all'associazione Central Unica de Favelas organizza corsi di hip pop, graffiti, street ball per dare ai ragazzi un'alternativa alle armi e al narcotraffico. “Gli anni passano e tutto resta immutato – racconta – e questo avvolte mi fa perdere d'animo. Poi mi rimetto a lavorare, lotto e quando vedo anche il più piccolo dei cambiamenti riprendo vigore”. Niente è semplice. Il numero dei morti ammazzati per le strade senza asfalto delle favelas di Rio continua a lievitare: 519 dal primo febbraio, 141 solo negli ultimi dieci giorni, a cui si sommano 286 feriti. Una carneficina. Il problema è sempre lo stesso: orde di narcotrafficanti si scontrano con pattuglie di polizia a colpi di arma da fuoco. Veri e propri duelli fra le baracche coinvolgono indistintamente ogni abitante di questi quartieri dimenticati da dio. A farne le spese sono spesso i semplici passanti, estranei alle ragioni di quelle sparatorie. A complicare i duelli si insinuano, poi, i paramilitari, bande di vigilanti che tentano di strappare il controllo dei quartieri ai narcos a suon di pallottole. Una situazione che si ripete come un disco rotto e che non fa che confondere le idee ai brasiliani, i quali spesso confidano più nei paras o nei narcotrafficanti che nei poliziotti. “La mancanza di preparazione della polizia nel saper trattare con la gente, nel saper far bene il proprio lavoro, crea sfiducia – non smette di ripetere Gizza, la rapera più rispettata del paese – i poliziotti dovrebbero essere più preparati e integerrimi. Purtroppo la corruzione mina alla base tutta la società, a tutti i livelli".

Meglio tardi che mai.

Ad aver dichiarato guerra alla violenza carioca è stato il presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Dopo che alcuni autorevoli sondaggi hanno stabilito che i brasiliani vedono in questa escalation di morte il problema più grave del paese, tanto da minare la sua stessa credibilità , il presidente operaio ha deciso di reagire drasticamente: destinerà l'equivalente di 340 milioni di euro nella ristrutturazione delle oltre 600 favelas della capitale carioca, in quella che è stata definita una vera e propria rivoluzione. Si tratta di un ambizioso piano urbanistico che partirà da Rio per poi estendersi in molte altre zone del Brasile. Le casupole degli slums saranno pitturate, dotate di pannelli per l'energia solare e di piante che facciano ombra. Le strade, adesso sentieri impraticabili quando piove, saranno asfaltate e ogni quartiere sarà dotata di un commissariato di polizia, di un centro di primo soccorso e di un centro culturale. Ma per riuscirci, per far sì che questo mega-progetto non sia boicottato dalla corruzione che regna sovrana, il governo ha bisogno del supporto della gente che lavora in quelle favelas e che possano da dentro aiutare a far sì che questi cambiamenti siano ben recepiti e sostenuti dai cittadini, ormai disillusi delle tante, troppe promesse arrivate da Brasilia e mai mantenute. Almeno finora.