L'America Latina non trova molto spazio sui media italiani. Questo blog cerca di colmare una piccola parte di questo vuoto, attraverso l'adattamento in italiano di notizie sulla politica e l'economia latinoamericane scovate su quotidiani stranieri. Naturalmente, non mancherò di citare e segnalare siti e articoli in lingua italiana, quando se ne presenterà l'occasione. Buona lettura!

lunedì, novembre 27, 2006


Da La Repubblica:

Ecuador, Correa vince le elezioni. Si allarga il fronte anti-Bush.

Il giovane economista di sinistra Rafael Correa ha vinto il ballottaggio presidenziale svoltosi ieri in Ecuador e, secondo exit poll e "conteggi rapidi" ha messo fra sè e il suo rivale, l'imprenditore Alvaro Noboa, un margine di circa 13 punti. Una distanza che appare ormai irrecuperabile. In attesa delle cifre ufficiali che il Tribunale supremo elettorale (Tse) diffonderà appena possibile, l'organizzazione Participacion Ciudadana ha fornito dati quasi definitivi relativi a un "conteggio rapido" di 1.607 seggi campione. In base a questi, Correa (Alleanza paese) ha il 56,4%, contro il 43,6% di Noboa (Prian), con un margine di errore dello 0,8%. Noboa non ha riconosciuto la vittoria del suo avversario, e ha prospettato la possibilità che sia in corso "un gigantesco imbroglio ai miei danni". Nelle prime dichiarazioni dopo aver appreso il risultato Correa, 43 anni, ha assicurato che il suo è un "trionfo della speranza e della cittadinanza", aggiungendo che ora comincia un'era di "giustizia sociale, istruzione, salute, lavoro, casa e dignità per tutte e tutti". Ha quindi detto che subito dopo il suo insediamento, il 15 gennaio, come successore di Alfredo Palacio, convocherà un referendum fra la popolazione affinchè si esprima se vuole o no la riunione di una Assemblea costituente per riscrivere la Carta Magna. Questa strategia, hanno rilevato gli analisti, è essenziale per il suo futuro presidenziale, perchè Correa non dispone di forze proprie nell'attuale Parlamento. Dopo aver sottolineato che "manterremo la dollarizzazione (il dollaro ha preso il posto della moneta nazionale, il sucre, ndr.) esattamente come è", il leader di Alleanza paese (Ap) ha concluso sostenendo che "oggi meno che mai firmerei un Trattato di libero commercio con gli Usa perché distruggerebbe la nostra agricoltura, la nostra economia".
L'unico riferimento specifico a temi di politica estera il leader di Alleanza paese lo ha riservato alla Colombia, chiedendo che nessuno dei protagonisti del conflitto armato interno del paese vicino (militari, guerriglieri delle Farc o paramilitari) "dovranno mettere neppure la punta di un piede in Ecuador". Nessun accenno invece ai potenziali rapporti con il Venezuela di Hugo Chavez, di cui non ha negato di essere un ammiratore. Senza perdere troppo tempo, Correa ha annunciato alcuni uomini del suo futuro governo, fra cui quello di Ricardo Patino all'Economia. In una intervista a Teleamazonas, Patino ha assicurato che la dollarizzazione (l'uso dal 2000 del biglietto verde nelle transazioni correnti) non sarà toccato, che cresceranno gli investimenti produttivi e quelli nell'area sociale. Le risorse per questi progetti, ha concluso, verranno da un diverso uso delle risorse energetiche - l'Ecuador è il 5/o produttore di greggio d'America latina - e da una possibile rinegoziazione del debito estero (di 10.000 milioni di dollari). Come prevedibile, il tema petrolifero sarà centrale, ed al riguardo Correa ha prospettato un possibile rientro dell'Ecuador nell'Opec.
www.repubblica.it

sabato, novembre 25, 2006


Più insulti che proposte nella corsa alla Presidenza dell’Ecuador
A solo 24 ore dal voto di ballottaggio, i due candidati, il conservatore Álvaro Noboa e il progressista Rafael Correa, non sono riusciti a trasmettere proposte concrete e hanno chiuso la campagna elettorale con un scambio acceso di insulte e accuse. Dai loro bastioni elettorali, Quito, nella zona andina, per la sinistra e Guayaquil, nella costa, per la destra, i due candidati si sono accusati di tutto. Noboa, milionario industriale, la cui fortuna familiare è nata nelle piantagioni di banane, è stato accusato di essere uno sfruttatore dei lavoratori e di voler comprare il paese con il suo libretto di assegni. Correa ha avvertito anche contro possibili brogli e ha incitato gli elettori a vigilare sulla correttezza del voto, “portando la biro da casa per scrivere sulla scheda”. Noboa invece ha accusato l’avversario di essere “comunista”, ha enfatizzato “i difetti psicologici e morali che hanno caratterizzato tutta la vita” dell’avversario, e ha accusato Correa di voler eliminare la dollarizzazione del paese, posizione che spaventa molti in Ecuador, che grazie all’adozione del dollaro del 2000 ha raggiunto per lo meno una certa stabilità macroeconomica. Sicuramente Correa si oppone al trattato di libero commercio con gli Stati Uniti e intende rivedere i contratti di sfruttamento delle aziende petrolifere straniere che operano nel paese.
http://www.elpais.es/

giovedì, novembre 23, 2006


Migliaia in marcia in Bolivia.
Migliaia di persone della regione di Santa Cruz (le terre basse boliviane, le più ricche di risorse naturali, minerarie ed agricole) hanno sfidato Evo Morales per esigere che l'opposizione sia ascoltata e non siano imposte loro le riforme che il presidente boliviano propone, in particolare la riforma agraria (cosiddetta legge INRA). Gli agricoltori accusano Morales di "voler distruggere la struttura produttiva della regione", ma "la sparizione della soia, del latte, dell'allevamento e del legno, causerà la diminuzione dell'occupazione e del commercio, lasciando solo povertà". Per il portavoce del presidente le mobilitazioni a Santa Cruz sono solo "una carovana di latifondisti che mostravano i loro veicoli ultimo modello". "La vera marcia è quella degli indigeni e dei contadini che tra mille sacrifici cercano di raggiungere La Paz per esigere giustizia". Le cinque marcie indigene che si muovono verso la capitale voglio fare pressione al Senato perché approvi al più presto la riforma della legge INRA.
www.la-razon.
www.elpais.es

mercoledì, novembre 22, 2006


López Obrador intende percorrere il Messico come “Presidente legittimo”
Andrés Manuel López Obrador, candidato dell’alleanza di centro sinistra (PRD) alle presidenziali messicane del 2 luglio scorso, sconfitto per una manciata di voti, si è presentato agli occhi di migliaia di simpatizzanti nella piazza centrale di Città del Messico, il Zócalo, per proclamarsi “Presidente legittimo” in contrapposizione al Presidente eletto, Felipe Calderón, del PAN. In questo modo, López Obrador intende opporsi duramente al nuovo Presidente, eletto dopo un risultato elettorale che considera illegittimo. Per portare la sua protesta contro Calderòn in tutto il paese, López Obrador ha in programma di percorrere i 2400 municipi del Messico, per informare tutti i messicani che il suo “governo ombra” opererà per “difendere i diritti del popolo e proteggere il patrimonio della nazione”. La popolarità di López Obrador è comunque in deciso calo, non sólo dopo la sconfitta, ma soprattutto per la sua strategia successiva di scontro frontale contro tutte le instituzioni che hanno avallato la vittoria di Calderón, tra cui il prestigioso Instituto Federal Electoral, elemento chiave nella recente democratizzazione del paese.
www.elpais.es

lunedì, novembre 20, 2006

La Mappa della Violenza 2006 mostra dati sul numero di omicidi in Brasile

La Mappa della Violenza 2006, pubblicata dall’Organizzazione degli Stati Iberoamericani, mostra che il numero di omicidi in Brasile è cresciuto ininterrottamente tra il 1994 ed il 2003, anno in cui furono uccise 51043 persone. Nel 2004 però si è verificato un calo del 5,2% rispetto al 2003, grazie probabilmente alla campagna pubblica in favore del disarmo, iniziata nel dicembre del 2003. Per questo gli autori dello studio raccomandano di riprendere l’iniziativa.
Lo studio mostra que la violenza colpisce sempre di più i giovani: gli omicidi in quella fascia di età sono cresciuti del 64,2% nel periodo considerato, contro una crescita media del 48,4. Secondo gli autori dello studio, l’esclusione sociale e la mancanza di opportunità educative sono le principali cause del problema. Lo studio mostra che le morti per arma da fuoco in Brasile (37938 nel 2002) uccidono più che i conflitti dichiarati ufficialmente, come la guerra in Afganistan o l’intifada in Palestina.
Nella comparazione internazionale, il Brasile si colloca al quarto posto tra i paesi più violenti della terra, con 27 morti ogni 100 mila abitanti (dietro la Colombia, con 57,4, il Venezuela con 29,5 e Russia con 27,3). Tra i giovani la situazione è più grave e il Brasile si colloca al terzo posto dietro Colombia e Venezuela, con 51,7 morti ogni 100.000 giovani. Questo tasso di mortalità violenta giovanile è circa 30 volte superiore a quella di paesi come l’Inghilterra, la Francia, la Germania, l’Austria e l’Egitto.
oglobo.globo.com

giovedì, novembre 16, 2006



Ho aspettato a dare questa notizia, perché i dati non erano definitivi.
I risultati finali confermano la vittoria di Ortega alle elezioni presidenziali in Nicaragua.
Il presidente del Consiglio Supremo Elettorale ha annunciato la vittoria di Daniel Ortega, líder della coalizione della sinistra nicaraguense, una volta terminato il lungo scrutinio dei voti del 5 novembre scorso. Ortega ha anche ottenuto la vittoria alle legislative, dato che il suo partito, i Frente Sandinista de Liberación nacional, ha ottenuto la maggioranza relativa in Parlamento, con 38 diputati su 90. Ortega ha ottenuto il 37,99% dei voti contro il 28,30% del suo rivale più prossimo. Eduardo Montealegre, risultato che gli ha permesso, secondo le norme elettorali del Nicaragua, la vittoria già al primo turno. Ortega assumerà la presidenza il prossimo 15 dicembre, la seconda volta dopo il periodo di rivoluzione e guerra civile tra il 1979 ed il 1990.
http://www.elpais.es/

Dal giornale di sinistra, L'Unità, un commento sulla vittoria:
L'ex leader rivoluzionario marxista, che negli anni Ottanta guidò la guerra civile contro i ribelli finanziati dagli Stati Uniti, potrebbe farcela già al primo turno. [...] Ortega è stato appoggiato apertamente dal presidente venezuelano Hugo Chavez, mentre gli Stati Uniti non hanno fatto mistero di preferire il conservatore Eduardo Montealegre come successore di Enrique Bolanos. Il leader sandinista ha denunciato forti ingerenze da parte di Washington, come in un rigurgito del passato, quando la piccola e poverissima repubblica centroamericana si trovava nel mirino della Guerra Fredda: i sostenitori di Somoza erano spalleggiati da Ronald Reagan, mentre i sandinisti contavano su Fidel Castro e Mosca. [...] Secondo il diessino Franco Grillini la vittoria di Ortega sarebbe tutt'altro che una buona notizia. Il leader storico dell'Arcigay, anzi, la bolla come «segno della restaurazione e della conservazione reazionaria». Una provocazione motivata con alcuni fatti: «Non solo il vice è un esponente della "contra", la guerriglia di destra appoggiata a suo tempo dagli Usa, ma in queste elezioni presidenziali l'ex leader sandinista ha avuto il sostegno della gerarchia cattolica, una delle più reazionarie del mondo». In cambio di questo sostegno, e di una legge elettorale favorevole, Ortega ha appoggiato prima del voto la legge che vieta l'aborto terapeutico e avrebbe promesso ai vescovi la difesa della legislazione che punisce le relazioni omosessuali fra adulti consenzienti.
www.unita.it

lunedì, novembre 13, 2006

Raccolti i dati di 2300 guerriglieri morti in Guatemala
“Fino a quando i morti non ricompaiono, le guerre non finiscono”. Questa citazione riassume lo spirito con cui è stato presentato in Spagna il volume “La memoria dei caduti nella lotta rivoluzionaria in Guatemala (1971-1996). Il libro raccoglie i dati di circa 2300 morti, appartenenti a 23 etnie maya, nella loro maggior parte contadini o legati al mondo rurale, giovani non ancora riportati in alcun registro. Tali pubblicazioni sono previste dagli accordi di Pace Ferma e Duratura siglati ormai 10 anni, mettendo fine al conflitto armato nel paese, fa tra il Governo e l’Unità Rivoluzionaria Nazionale Guatemalteca, che da quel momento abbandonò le armi per entrare nella vita política del paese come partito. Il libro, finanziato in Spagna, sarà presentato in Guatemala il prossimo anno, probabilmente il 25 febbraio, Giorno della Dignità delle Vittime. La pubblicazione è stata spostata di qualche giorno, per includere un fatto storico: il riconoscimento da parte del governo guatemalteco, a seguito delle pressioni di movimenti americani per la difesa dei diritti umani, della cattura, della tortura e della morte di un guerrigliero da parte di forze dello stato, durante l’epoca del conflitto armato.
www.elpais.es

sabato, novembre 11, 2006


Aldo Rebelo, primo comunista ad assumere la Presidenza del Brasile
Durante il viaggio del Presidente Lula in Venezuela, il 12-3 novembre, il presidente della Camera Aldo Rebelo, del Partito Comunista del Brasile (PCdoB) assumerà la presidenza ad interim della Repubblica. Infatti, il vice-Presidente José Alencar si trova a New York per sottoporsi ad un’operazione chirurgica, quindi secondo la Costituzione brasiliana sostituisce temporáneamente il Presidente della Repubblica il Presidente della Camera.
Il partito comunista brasiliano, fondato nel 1922, fu riconosciuto dalla legge solo per un breve periodo tra il 1945, ma poi dovette aspettare il 1985 per la sua legalizzazione, dopo la fine della dittatura dei militari. Dopo sessant’anni di clandestinità, persecuzioni e guerrilla, il suo rappresentante più illustre arriva quindi al vertice dello stato, anche se per dettame costituzionale. Secondo Aldo Rebelo, una dimostrazione della maturità democrática raggiunta dal Brasile.
www.clarin.com

mercoledì, novembre 08, 2006

Panama, nuovo membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU
La Repubblica di Panama è stata ufficialmente eletta membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il biennio 2007/8 come rappresentante dei paesi latinoamericani. L’elezione si è svolta attraverso un voto dei 192 paesi membri dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel quale Panama ha ottenuto 164 voti a favore e 9 astensioni, superando i due terzi richiesti, cioé 120 voti. Panama sostituirà il membro uscente, Argentina, dal 1º gennaio prossimo. Dopo che i due candidati che si contendevano il seggio, Venezuela e Guatemala, non sono riusciti a prevalere in una serie di 47 votazioni e hanno deciso di rinunciare alla propria candidatura e di appoggiare congiuntamente Panama, il consenso dei paesi latinoamericani è andato congiuntamente al piccolo stato centroamericano. Di conseguenza, dall'anno prossimo, Panama rappresenterà, insieme al Perù (in carica ancora per un anno), i paesi latinoamericani nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
www.elpais.es

Conclusa la XVI Cumbre Iberoamericana
Il XVI vertice dei paesi iberoamericani (Spagna e Portogallo, oltre ai paesi latinoamericani) si è concluso oggi a Montevideo (Uruguay), dopo due giorni di dibattiti intorno al tema centrale della riunione, ovvero l’immigrazione. I partecipanti al conclave, che ha visto numerose assenze, tra cui Fidel Castro, Chavez, Lula e il neo-presidente peruviano Alan Garcia, ha siglato un Compromesso sull’Immigrazione e lo Sviluppo in cui si chiede all’Europa que no chiuda le porte all’immigrazione e migliori le condizioni di vita dei cittadini obbligati ad emigrare nel Vecchio Continente a causa della situazione económica dei loro paesi d’origine. Il premier spagnolo Zapatero ha espresso la sua soddisfazione per i risultati del vertice e ha sottolineato l’importanza di una strategia consensuale per regolare i flussi migrator basata nella “cooperazione, la legalità e il diritto degli emigranti”. Secondo Zapatero, l’emigrazione deve supporre una ‘opportunità’ tanto per il paese d’origine come il ricevente, ma ha avvertito che ciò è possibile si i flussi si sviluppo in un quadro di legalità, l’unico modo per garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori. Il giorno prima i 22 paesi iberoamericani si erano espressi congiuntamente contro il progetto statunitense di costruzione di una muraglia di 1100 Km alla frontiera con il Messico, nel tentativo di frenare l’immigrazione illegale.
www.elpais.es

sabato, novembre 04, 2006

Dopo 16 anni di elezioni vinte dalla destra, il Nicaragua va alle urne domani per le presidenzali mentre il comandante Daniel Ortega, del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), viene considerato al primo posto in tutti i sondaggi. Per essere eletto Ortega dovrebbe comunque ottenere i voti di almeno il 35% dei 2,8 milioni di elettori nicaraguensi convocati, superando di almeno il 5% il secondo votato.I sondaggi non garantiscono un risultato di questo tipo. In questo caso si andrebbe al ballottaggio tra 45 giorni. In seconda posizione nei sondaggi della vigilia risulta Eduardo Montalegre, 51 anni, lider dell’Alleanza Liberale Nicaraguense (ALN), fondata da lui stesso l’anno scorso, dopo l’espulsione dal Partito Liberale Costituzionalista (PLC), con l’appoggio degli USA. Il grande partito della destra nicaraguense è il PLC però vive un momento di criso dopo che il suo lider storico, presidente del paese tra il 1996 ed il 2001, Arnoldo Alemàn, si trova agli arresti domiciliari per un caso di riciclaggio di denaro sporco. Il candidato del partito, José Rizo, ha cercato di allontanare la sua immagine da quella di Alemán, pero i sondaggi gli attribuiscono soltanto il 3º posto. Ortega risulta primo nei sondaggi ma è anche il candidato che suscita il maggior rifiuto. I suoi avversari nelle elezioni gli ricordano sempre che il lider del FSLN è un gran vincitore di sondaggi pre-elettorali, ma un perdente nelle urne. Dal 1990, quando fu sconfitto da Violeta Chamorro, candidata della Unión Nacional Opositora (UNO), una coalizione di partiti di destra e sinistra alleati contra i sandinisti, ha perso nelle successive elezioni del 1996 e del 2001 contro candidati del PLC.